Paziente di 35 anni con dolore e tumefazione localizzata al dente n°36, dall’esame radiografico si evidenzia una terapia endodontica incongrua con lesione presente a carico di entrambe le radici e la presenza di uno strumento rotto in larga parte oltre apice.
Le difficoltà nella risoluzione di un caso così complesso cominciano già dalla scelta del piano di trattamento. Come si può eliminare lo strumento causa della lesione? Per via ortograda o chirurgica, o entrambe?
La decisione per un primo approccio ortogrado è obbligata e dettata anche dalla letteratura: si cerca di disinfettare al massimo tutto il sistema canalare tridimensionale e di agganciare e rimuovere lo strumento dall’interno.
Dopo alcuni tentativi però si vede che il frammento è addirittura spinto ancor più a livello parodontale.
A questo punto è necessario rivalutare il Piano di Trattamento: otturare i canali in guttaperca (o MTA?) e monitorare la guarigione, o effettuare subito dopo l’otturazione una chirurgia? Interrompere il trattamento per passare all’ apicectomia poi decidere se eseguire una retrograda o richiudere i canali per via ortograda. Come è evidente la variabilità della scelta terapeutica rende più complicata la decisione.
Si decide di interrompere la cura per via ortograda e passare alla via chirurgica, dopo l’apertura del lembo eseguita la breccia ossea si rimuove lo strumento sfilandolo dall’apice a questo punto si pone un altro interrogativo: apicectomia più retrograda o suturare per poi terminare la cura ortograda?
La decisione è per quest’ultima soluzione perché consente di mantenere l’integrità anatomica radicolare e perché è una terapia più predicibile.
Si prosegue così con una classica endodonzia otturando il canale distale in MTA e paradossalmente i mesiali in guttaperca.
Si è poi proceduto a monitorando la guarigione.